Disturbo Borderline

Paziente: Sono stata in clinica perché ho tentato il suicidio e mi hanno ripresa dai capelli.

Terapeuta: Uhm, uhm.

Paz: Dopo essere uscita mi sono fatta il primo taglio e mio padre mi ha portata dentro…

Ter: Senti… ma… il taglio al polso è voluto… oppure è un giochetto solo per farti male?

Paz: È un giochetto per farmi male.

Ter: E per spaventare tutti?

Paz: Perché prima… cioè io da quando ho tredici anni mi massacro, mi scortico… faccio così… poi quando ho capito che questo non faceva paura agli altri, non spaventava nessuno se non…

Ter: Perché non lo vedeva nessuno?

Paz: Non lo vedevano. Mi coprivo, non lo vedevano, e poi comunque tutti quelli intorno a me lo interpretavano come una crisi adolescenziale, allora probabilmente, ma non lo so, ho cambiato metodologia.

Questo estratto di una prima seduta con una paziente borderline, tratto dal libro “Uscire dalla trappola” del Prof. Giorgio Nardone e Matthew Selekman, è ciò che si ascolta molto spesso, più di quanto si pensi e speri, quando una paziente borderline decide di sfidare il terapeuta di turno. Il termine sfidare non è ovviamente utilizzato a caso, ma spero nel corso di questo articolo di rendere chiaro il perché questo tipo di pazienti, sia, forse, il più sfidante per un terapeuta. E come, nonostante questo aspetto, ad oggi presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo il trattamento di questo disturbo di personalità sia ormai best practice al pari degli storici protocolli terapeutici per fobie, ossessioni, disturbi ossessivo-compulsivi e disturbi alimentari.

Per provare a tuffarci nell’universo borderline, credo sia obbligatorio iniziare dalla prima caratteristica che rende affascinante questo tipo di disturbo, cioè l’assenza di Sistema Percettivo Reattivo (SPR). Nel Modello di Terapia Breve Strategica, il SPR è uno dei riduttori di complessità più importanti, cioè un modello autopoietico ridondante di Tentate Soluzioni messe in atto nei confronti della realtà, di sé stessi, degli altri e del mondo o nei confronti di una specifica realtà, che si ripetono perché c’è una percezione che si è strutturata, che si è irrigidita proprio sulla base del fatto che quelle Tentate Soluzioni hanno funzionato.

A questo riguardo è illuminante rileggere quanto dice Giorgio Nardone durante un seminario rivolto a professionisti della salute mentale: “abbiamo disturbo borderline dove non c’è un SPR strutturato, perché questo disturbo, come dice Piero Petrini, è “la costanza nell’incostanza e l’incostanza nella costanza”… cioè abbiamo una serie di sintomi in cerca di disturbo non ne abbiamo uno solo di sintomo. Perché non abbiamo una personalità strutturata, abbiamo una persona che non ha costruito un minimo di stabilità, un minimo di identità, per cui oscilla costantemente e quindi abbiamo quelle persone che arrivano in terapia con un disturbo e dopo che lo abbiamo risolto ne nasce un altro e poi un altro e poi un altro, oppure mentre parlano di un disturbo, parlano subito dell’altro e subito di un altro. Nel nostro lavoro, da una parte dobbiamo rompere gli schemi del disturbo e dall’altra parte costruire un Sistema Percettivo Reattivo, che significa un’identità strutturata, che significa un equilibrio nel gestire le percezioni e le reazioni senza andare all’eccesso, perché n
el borderline noi abbiamo l’espressione massima del SPR all’estremo; non ne hanno uno perché estremizzano tutto, estremizzano le trasgressioni come le restrizioni, estremizzano la violenza come la chiusura, il piacere come il dolore. E spesso portano al contatto estremo piacere e dolore, disgusto e piacere, amore e distruzione, quindi lì il nostro compito non è solo quello di far rientrare l’esplosione, ma far costruire un SPR dove la Terapia Breve non esiste; noi facciamo tante terapie brevi sui disturbi, ma dopo dobbiamo fare un percorso di crescita con queste persone; costruire mattone su mattone molto gradatamente, questo richiede spazio, tempo ed esperienza. Dobbiamo essere flessibili, mettere in discussione l’idea della brevità della terapia, perché non abbiamo un palazzo da minare alle fondamenta, come nei SPR ben definiti, ma dobbiamo costruire dalla base”.

I tre pilastri della Terapia Breve Strategica sono la comunicazione, la relazione e le strategie da adottare. Mi si perdoni l’avventatezza, se affermo che da un certo punto di vista il pilastro un po’ più semplice da scolpire con questo tipo di pazienti è quello relativo alle strategie da adottare; in quanto, evitando di chiedersi quale sia il SPR, occorre mettere in pratica una sorta di Problem Solving Strategico continuo per ogni tipo di sintomo portato in seduta e i risultati, anche se può sembrare strano, sono immediati. Ho ancora davanti agli occhi numerosi pazienti che, dopo anni di dismorfofobia, rituali autolesivi o altro, dopo le primissime sedute si trovavano liberi da ogni sintomo, ma, come detto, portatori di nuovi e sfidanti sintomi. Da un certo punto di vista, ma questo è un mio giudizio personale, è come se il paziente borderline mettesse continuamente alla prova il terapeuta per valutarne la capacità, la pazienza, la sicurezza, la capacità d’ascolto (“sarai capace come non lo sono stati gli altri, genitori compresi?”).
Che tipo d’identità ha il paziente borderline? Come definizione di identità possiamo utilizzare la bella immagine del “cambiare rimanendo gli stessi“, quindi l’acqua del fiume cambia continuamente, come ci ricorda Eraclito, ma il corso del fiume resta il medesimo. Quindi guidare la persona a imparare a riconoscere quali sono le costanti di se stessa, consapevolezza dei limiti, delle risorse, diventare un “conosci te stesso” non solo in senso cognitivo ma esperienziale… conosci di te ciò che puoi mitigare ciò che cambia continuamente… il concetto di identità è molto ambivalente. La quantità di borderline che arrivano in terapia è, probabilmente, l’effetto dell’onda lunga delle famiglie iperprotettive, quindi giovani incapaci di gestire la loro realtà. Adolescenti con sempre maggiori situazioni borderline perché sono assolutamente inconsistenti, non hanno radici, un tempo si diceva non hanno le palle. Per costruire un SPR siamo nell’ambito dell’apprendimento che diventa acquisizione che propongono cambiamenti; il terapeuta deve guidare il giovane ad avere un’identità strutturata, a scoprire quali sono i suoi talenti, le sue risorse, i suoi limiti attraverso esperienze guidate che vengono ogni volta ridefinite e ristrutturate. Quindi talvolta è solo una serie di apprendimenti che diventano acquisizioni, ma che possono essere vere e proprie scoperte e che sono salti logici di cambiamento, quindi guidare la persona con pazienza ad affrontare le cose che è in grado di fare e alzare contemporaneamente l’asticella ristrutturandone gli effetti, guidandolo, facendolo sentire protetto, utilizzando tutti gli stratagemmi che abbiamo a disposizione per le diverse difficoltà che incontra sino a quando riusciamo a mettere insieme i pezzi del mosaico. “Se tu tieni un borderline al di qua della linea pericolosa quindi evitando gli estremi e ce lo tieni per un bel po’ di tempo impara a starci o impara ad andare oltre solo quando è funzionale. Tutte le personalità importanti della storia erano borderline… personalità che avevano imparato ad utilizzare l’estremo solo quando era funzionale per le situazioni, per andare oltre alla realtà data in modo funzionale” (Giorgio Nardone).

Letture consigliate:

G.Nardone, E.Balbi, A.Vallarino, M.Bartoletti: “Psicoterapia breve a lungo termine”; Ed. Ponte alle Grazie

G.Nardone, M.Selekman: “Uscire dalla trappola”; Ed. Ponte alle Grazie